mercoledì 28 marzo 2018

Nel più bel sogno

di Marco Vichi - Guanda

L'ammirazione e la fascinazione che provo per Vichi è infinita - e scusate l'enfasi.
I suoi libri, soprattutto la saga del Bordelli commissario, mi hanno da subito attirato in una ragnatela fatta di stile, nostalgia, giallo vero, storia e amori di vari tipo. Impossibile fuggirne.
La Firenze anni '60, tutta alluvione ribollita e vita in comune, l'Italietta tutta con un po' di soldi in tasca e con ancora forte il senso di solidarietà e di comunità e di sogno, i personaggi che si alternano e che ritornano in ogni fatica letteraria, gli amori, la vecchiaia che avanza, le donne sempre più giovani e sempre più belle, le lotte, la voglia di cambiare, i ricordi della guerra e la voglia di riscatto..., ogni nuova avventura di Bordelli è densa e colma di questi ingredienti. Che Vichi, da grande chef della parola, amalgama tutti perfettamente impiattando, a tavola, una prelibatezza degna dei migliori ristoranti stellati.
Questa ultima fatica bordelliana è, come posso dire, faticosa.
Per tre motivi.
Il primo perché Bordelli è alle prese con tre (che poi diventano quattro) omicidi, uno in fila all'altro senza possibilità di prendere fiatoche mettono a dura prova le capacità investigative del commissario, sempre di più coadiuvato dall'ormai prossimo laureando Piras.
La seconda perché la lettura stessa è faticosa. O meglio è un po' troppo allungata su se stessa, diluita, se si può dire, in continue finestre che - mi perdoni Vichi, la prego... - ci si perde e in cui talvolta si ritrovano alcune ripetizioni.
La terza perché la fidanzata o quasi, la 'consulente' Rosa, il generale Fucilieri o come si chiama realmente, Dante, Diotivede e chi più ne ha più ne metta rubano 'troppo' spazio, troppa energia e troppa attenzione portando il libro a oltre 600 pagine che, francamente, ritengo un po' eccessive.
Sembra quasi una sorta di sfida che Vichi intraprende, per dimostrare le sue infinite capacità e mostrare i muscoli narrativi a qualcuno o qualcosa.
Le mie naturalmente sono solo illazioni, possibilità interpretative che qui dalla mia scrivania milanese azzardo.
L'amore (letterario, intendiamoci, sono sposato con figli...) sconfinato che provo per questo autore mi permette comunque un'affettuosa, e personalissima, critica a un libro che rimane comunque un'avventura  piacevole, un viaggio straordinario e l'ennesima riprova dell'eleganza e della formidabile capacità letteraria di Marco Vichi.

 
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