martedì 10 aprile 2012

Fedeli a San Siro

di Claudio Sanfilippo e Tiziano Marelli - Mondadori


Allora...io non sopporto il calcio, non capisco questo rito tribale settimanale che sembra far emergere il peggio del peggio della decadenza umana, non comprendo come padri di famiglia attempati possano rendersi sgradevoli e volgari, o peggio ancora tristi all’inverosimile, di fronte a 22 trogloditi miliardari che tra l’altro, sempre più spesso, comprano e si vendono le partite. Ma tant’è.
Questo libro l’ho comprato, assaporato e digerito soprattutto perché uno dei due autori è un caro amico del passato, con cui ho condiviso scuola e passione politica ormai qualche epoca jurassica fa.
Ma l’ho fatto mio perché parla sì di calcio - e dell’eterna lotta tra le due squadre milanesi, degli sberleffi, degli insulti tra tifoserie, della rivalità fino all’inverosimile -, ma soprattutto perché racconta un’amicizia e la racconta dando ampi sguardi al passato, a quell’epoca ricca di forti passioni politiche e, maledizione!, a quegli anni in cui eravamo giovani.
Fedeli a San Siro è un inno all’amore vero, per me un po’ malsano, verso la propria squadra e verso questo sport  - ormai soporifero e mortale! - che è il calcio. Ma il libro è anche un grido di nostalgia.
Nelle sue pagine si legge di partite vere, di pasticcerie, di bar dell’angolo, di amicizie vere, di forti passioni, di partitelle nei campetti periferici, di zii e nonni, nonché di corse sfrenate in mezzo al campo di San Siro con calzoni rossi al seguito. 
Il libro ci racconta una Milano ormai morta e sepolta, un calcio che non c’è più e una correttezza - fatta anche di calcioni negli stinchi! -  che oggi ce la sogniamo. 
Quando gli autori si accorgeranno che il calcio non esiste più, forse si risveglieranno da un incubo. 
O forse no.
Forse lo sanno già, ma l’amore, quello vero, si sa, ha gli occhi bendati. Proprio come la fortuna.
Sarà un caso?

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