venerdì 20 settembre 2013

Cronaca di un suicidio

di Gianni Biondillo - Guanda

Beh, se tutte le ciambelle non riescono col buco, se a volte la maionese impazzisce, se a volte anche i grandi chef fanno scuocere la pasta, anche gli scrittori, poveri loro, a volte non riescono a realizzare il meglio.
È quanto è successo a Biondillo, con questa sua ultima fatica.
Sarà per questo continuo parallelo tra passato e presente, tra Roma e Milano, tra le tasse ed Equitalia, ma questa storia ha un qualcosa di malinconico gratuito che il mio povero cuore (e cervello) non hanno per nulla apprezzato.
Una storia di solitudine e di difficoltà, un uomo allo stato brado nei meandri burocratici e della cialtroneria, circondato da delinquenti, furbacchioni, cecità (fisica!), tasse, qualunquismo, abbandono...
E dio mio, e poi?
Non so, ho provato una sorta di fastidio, pagina dopo pagina, nel vedere l'ingenuità del protagonista spinta all'eccesso, fino al 'riscatto' finale, almeno al suo colpo di coda.
Ma il libro non fila, irrita, e forse quello era il vero obbiettivo dell'autore.
Non mi è piaciuto, anche se Biondillo scrive meravigliosamente.
La parte migliore rimane quella più intima, in cui traspare il rapporto dell'ispettore con la figlia, del loro vivere insieme solo in vacanza.
E poi si sa, i libri in quel momento piacciono, e in un altro invece diventano indigesti.


mercoledì 11 settembre 2013

Morimondo

di Paolo Rumiz - Feltrinelli

Il padre di tutti i fiumi, quella meravigliosa arteria pulsante che attraversa il nord, quell'oasi di pace, natura e bellezza, è ormai una ferita aperta che pochi vogliono rimarginare e guarire. Po, senza articolo, come l'autore battezza il grande fiume, un patrimonio del paese ormai ignorato.
E per questo, con un gruppo di amanti del fiume, a rotazione, Rumiz lo percorre, in pianura, tra l'Emilia che lo ama, e la Lombardia che lo ignora, anzi, lo guarda con fastidio.
Un viaggio ai confini del tempo, tra dighe, secche, affluenti, oasi, angoli rimasti ancora come un tempo. Tra bevute, mangiate, dormite, incontri, idee e ricordi, ma anche fatiche, difficoltà, superamenti di barriere infernali, ladri, fulmini e saette.
Rumiz è straordinario, anche in questa prova letteraria a metà tra il sogno e il reportage giornalistico.
Ha quella capacità, innata credo, di risucchiarti nei luoghi che descrive, di farti vedere le persone che incontra, di farti assaggiare le diavolerie culinarie dell'Italia fluviale, di spingerti giù per le correnti come se fossi tu a tenere il timone.
Invidia, profonda invidia di questa capacità, di questa facilità letteraria.



lunedì 9 settembre 2013

I complici

di Georges Simenon - Adelphi

Si vivono veri e propri momenti di angoscia, sempre crescente, pagina dopo pagina, in questa fatica letteraria dell'autore belga. Uno sconvolgimento, fino alla soluzione finale, annunciata, drammaticamente annunciata.
Con questo libro Simenon, per come lo conosco, si supera nel non dare speranza alcuna all'uomo, alla sua vita, alla sua esistenza in questo vacuo mondo.
In questa storia, come di consueto, l'uomo, il protagonista è risucchiato - in questo caso in modo consapevole - in una storia di cronaca quale un drammatico incidente con un bus di bambini, tutti morti nell'incendio del mezzo. La sua 'distrazione' alla guida della sua auto lo porta a far uscire di strada il mezzo pubblico  e a causare la tragedia.
Lui ne è consapevole, ma non se ne cura, rimane in attesa che qualcuno lo venga a prendere, consapevole ogni giorno di più, della sua inutile vita, infelice, vuota, senza storia.
Una vita che è una sconfitta, ma forse non solo per lui. È una sconfitta assoluta, dell'uomo, comprimario in questo mondo senza alcuna possibilità di riscatto.
Il libro è l'ennesimo messaggio simenoniano al mondo sull'inutilità della vita, del ruolo dell'uomo e della sua comprimarietà nel destino dell'umanità.
Inaccettabile per alcuni versi, affascinante per altri.
Ma mano che leggo i titoli di Simenon, scritti e pubblicati ormai nel secondo dopoguerra, mi sembra che le possibilità di riscatto dei protagonisti si assottiglino sempre di più, non lasciando ormai alcuna speranza.
 

venerdì 6 settembre 2013

Quel che ora sappiamo

di Catherine Dunne - Guanda

Pugni, calci, schiaffi...ecco che cos'è questo libro, soprattutto per chi è genitore, e ha dedicato tutta la vita a crescere i propri figli. Un figlio che se ne va prima dei genitori è un dolore perso nel nulla della vita futura, oltreché una insopportabile ingiustizia.
Il tema del bullismo, dell'emarginazione tra i giovani, della violenza - fisica e morale - tra gli adolescenti
oggi sembra essere uno degli aspetti più critici che la società del cosiddetto benessere ci ha servito sul piatto.
Ma aldilà della questione sociale, il libro ti travolge nelle miserie di una famiglia dove un figlio adolescenti, per incanto, un giorno si toglie la vita.
È intorno a questa tragedia che la famiglia comincia a interrogarsi sulle motivazioni, sul perché in una famiglia 'perfetta' un figlio, apparentemente felice e con tutto a disposizione, decide di farla finita.
Ma questa è la storia, il fatto che conduce il libro.
Poi c'è quello che è dietro, nascosto, da leggere con cura.
Il dolore dei genitori, ingestibile, incommensurabile.
Poi c'è la sequela di domande sul perché nessuno ha compreso, sul perché l'amore infinito per i figli non assicura di poter comprendere tutto e sempre.
Poi c'è l'interrogarsi su perché nessuno dei genitori non sono stati in grado di 'proteggere' il figlio, di metterlo in sicurezza.
Poi c'è il tema, irrisolvibile, ineluttabilmente inaffrontabile, del vivere la propria vita con un figlio perso.
Il libro è schiacciante, è un peso insostenibile, pieno di malinconia e dolore, con qualche traccia di speranza 'sindacale', che però sia i protagonisti sia l'autrice sanno benissimo che è una pura tecnica letteraria.
Dalla morte di un figlio non se ne esce, mai più.

martedì 3 settembre 2013

Un bel sogno d'amore

di Andrea Vitali - Garzanti

Chissà se il titolo è una coincidenza o un omaggio più o meno velato al grande Jannacci (...'rincorreva già da tempo, un bel sogno d'amore. El purtava i scarp de tennis...'). Comunque anche questa ultima opera letteraria di Vitali racconta di voglia d'amore, di una famiglia, di una vita normale, di un po' di felicità.
A Bellano, agli inizi anni Settanta, una coppia cerca la sua strada, un ladro di polli anche un po' deficiente cerca a tutti i costi di mettersi nei guai con la giustizia, una madre ingombrante vuole consolazione da suo figlio fino a una svolta impensabile, una pettegola vicina sbircia dalle persiane ogni cosa succede ricordandoci che non 'siamo mai soli', i carabinieri che vigilano e si godono lo spettacolo con inaspettata ironia.
È il consueto ritratto della cittadina lacustre tra miserie culturali, grandi solidarietà, amicizie e amori impossibili, meschinità umane al limite della patologia sociale.
Fino a un lieto fine, almeno in parte, che corona tutti gli sforzi della giovane protagonista, vincitrice su tutti i fronti, tranne che sul fronte della trasgressione, della voglia di stupire, della voglia di scuotere soprattutto se stessa.
L'inizio è formidabile, con il proibitissimo 'Tango' di Bertolucci che sbarca nella sonnolenta comunità del lago, sovvertendo equilibri, facendo sognare la metà dei cittadini e facendo scandalizzare (ma che curiosità, eh?) l'altra metà.
Fenomenale come sempre, tra gli alti e bassi di una produzione letteraria cospicua e incessante, comunque sempre di alto livello.

Le colpe dei padri

di Alessandro Perissinotto - Piemme

Uh, uh, uh, uh... Perissinotto si addentra nei meandri più nascosti dell'animo umano, affronta con piglio maschio l'impossibilità di riscatto, esplorando con grande successo l'impossibilità dell'uomo di prendere in mano il proprio destino.
Bellissimo questo libro. Non solo: doloroso, sensibile, difficile, con quella punta giusta di angoscia che male mai fa.
Nella Torino in via di industriale smantellamento, un manager dalla carriera assicurata, si adopera nella filiale di multinazionale che gestisce, per tagliare, licenziare, intimidire, insomma, come si dice oggi, ristrutturare per trasferire - ma va? - l'attività produttiva in paesi più convenienti.
È la storia di tutti i giorni, oggi.
Ma c'è un ma, soprattutto nel passato del nostro protagonista. Un passato che lo addenta, lo trascina, verso il basso, lo allontana dalle certezze quotidiane, dall'amore, e dalla sua famiglia.
Un passato scomodo, disegnato apposta per fargli saltare ogni riferimento, anche culturale.
Un passato fatto di schieramenti politici radicali, opposti a quelli che oggi lui rappresenta.
Perissinotto si avvicina al più 'tragico' dei Simenon, osservando dall'alto la fine di un attore dei tempi nostri che improvvisamente si accorge che avrebbe dovuto recitare in un'altra commedia della vita.
È bellissima l'escalation, il ritmo del libro, che si avvia dalle prime pagine ad accelerare sempre di più fino alla fine della storia, tragica, ricca di solitudine, di tristezza per la sconfitta di una battaglia mai combattuta.
Secondo allo Strega ma forse doveva essere il primo, se i premi letterari hanno ancora senso.


Il delitto di via Brera

di Dario Crapanzano - Ftatelli Frilli Editori

E questo è l'ultimo dei tre del commissario Arrigoni! Tutti letti e archiviati, infilati come natura morta negli scaffali dei libri che non hanno lasciato particolari tracce.
Questi libri ambientati nella lontanissima Milano degli anni '50 nascono da una bella idea, originale, spendibile, intrigante soprattutto per chi quegli anni li hanno vissuti in prima persona.
Sullo sfondo - almeno così io li ho letti e interpretati - la vicenda 'gialla', il noir che appare quasi sempre scontato, non dico banale, ma semplice come forse erano quegli anni.
Una società meno complessa, appetiti più banali, necessità più normali. Ecco l'ambiente in cui Arrigoni opera, alla ricerca del colpevole.
In primo piano invece, con alterno successo, il periodo, gli usi, i modi di dire, che l'autore appena può fa emergere, esalta direi.
È in questo che Crapanzano non eccelle, perché ogni volta che si gira verso il passato, lo fa in modo troppo distaccato, quasi da osservatore non cojnvolto. E quindi tutto sembra essere una sequela di aneddoti o di modi di dire, senza alcuna passione 'dentro'. Quasi fossero articoli di un quotidiano.
È comunque divertente respirare, da milanese, aria del passato della nostra città.
Ed è bello, per quanto possibile, farsi trascinare dalla nostalgia, dal 'sanguis', dalla pizza che ancora non era arrivata, da una Milano operosa e solidale.
Quasi fantascienza!

 
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