lunedì 25 agosto 2014

La fortuna dei Wise

di Stuart Nadler - Bollati Boringhieri

Polpettone alla yankee, a base di american dream come ingrediente di base, un po' di razzismo come amalgama, rapporto conflittuale padre/figlio come nelle migliori famiglie, passato/presente/futuro come condimento forte, e come contorno un finale a sorpresa che non sorprende proprio nessuno.
Agli autori americani piace la genesi familiare, piace inoltrarsi tra le mura domestiche, e sempre allo stesso modo.
Un povero avvocatucolo di provincia si inventa il business della vita con le class action contro le compagnie aeree che cominciano a muovere i primi passi nel dopoguerra, e cominciano quindi ad avere incidenti. Ma anche treni e non so cos'altro.
Con molta determinazione, molto intuito, molto mestiere, senza guardare in faccia a nessuno. Non tanto per difendere i consumatori, ma per difendere - molto - il proprio conto in banca.
E il figlio, il protagonista, che cresce in questa famiglia che dal nulla ha tutto, come nei migliori romanzi d'appendice, cerca di smarcarsi e di allontanarsi dal papà 'cattivo'.
Per poi caderci dentro alla grande, perché è più comodo così.
Un libro scontato e un po' inutile, che ci butta addosso tutti i cliché americani - senza sapere che sono cliché - che vuole sembrare un po' di denuncia e un po' di rinuncia, un po' storia d'amore e un po' di riscatto morale e sociale.
Neanche scritto bene.
A Roma direbbero '... na sola'!

Una piccola libreria a Parigi

di Nina George - Feltrinelli

Prendi Parigi - che è già una bella mossa, aggiungi la Senna, aggiungi i libri e una libreria galleggiante - non si sbaglia mai!, prendi il dolore dell'abbandono e gli amori perduti, condisci tutto con il viaggio/fuga che ognuno di noi ha in testa da quando è nato, et voilà, ecco il libro più 'paraculo' che abbia mai letto. Pure divertente.
Ma dovrebbe essere vietata per legge un libro così e bisognerebbe 'condannare' la casa editrice e l'autore, ensemble!, a una pena che li costringa a leggere tutto Dante Alighieri e tutto il Capitale di Marx in sanscrito.
Una storiella ben condita, dicevo, con tutti quegli elementi che possono catturare un animo sensibile e sognatore come il mio.
Ma a tutto c'è un limite, perché anche il cuore, e i sogni, vogliono avere delle basi più solide su cui appoggiarsi.
L'unica cosa che si salva è l'idea di una libreria su un barcone sul fiume, che non so se ha fondamento reale o cosa, ma potrebbe essere una buona idea di business. Se non si soffre di mal di mare...
Per il resto il libro, soprattutto nel suo viaggio strampalato sui corsi d'acqua transalpini alla ricerca di donne passate e felicità future, sembra tutto costruito schiacciando l'occhiolino al lettore, che come me, ci casca per poi ritrovarsi con molto amaro in bocca. Vergognandosi anche un po'.
Forse nel processo che verrà intentato contro autori ed editori, tra gli imputati, bisognerebbe aggiungere anche i lettori, per lo meno con l'accusa di complicità.
In questo caso mi autodenuncio, venitemi a prendere, sono colpevole!
Mandatemi degli aranci in carcere, avrò bisogno di vitamine!!


 
Paperblog