domenica 6 settembre 2015

Atti osceni in luogo privato

di Marco Missiroli - Feltrinelli

Un trespolo pseudo-pruriginoso su cui un giovane adolescente allo stato iniziatico sessuale appende la sua vita, i suoi viaggi, i suoi amori e lascia a noi tutte le noie di questo mondo.
Non so bene quale sia stato l'obbiettivo dell'autore scrivendo questo libro, ma di certo io non l'ho compreso.
Storia di un uomo?
Storia dell'amore?
Storia del sesso, spesso auto procurato?
Storia di una madre?
Storia di Parigi?
Storia di Milano?
Il libro è particolarmente increspato, non ha fluidità, ci obbliga in continuazione a resettare la storia che vaga senza meta tra una pagina e l'altra.
Ha dei momenti bellissimi quando la vita dell'adolescente, e poi giovane virgulto Libero, incrocia le sue gesta e i suoi sogni con libri straordinari che hanno fatto la storia - a partire da Camus.
Ma per il resto è noia, ostico, e ti vien voglia di lasciarlo lì, sul comodino, anche se sai che 'non' puoi farlo.
Finalmente libero (anch'io...)!!!

martedì 25 agosto 2015

Leonardo: Il genio che inventò Milano

di Marina Migliavacca - Garzanti

E chi ci racconta ancora che Leonardo è fiorentino, peste lo colga!
Cioè fiorentino è fiorentino, ci mancherebbe, ma di fatto il genio dei geni si è fatto e ha fatto carriera tra le strade d'acqua della Milano della seconda metà del quattrocento. Il resto sono frottole al vento.
Questa fatica storico-letteraria è straordinaria perché ci conduce per mano nella conoscenza ravvicinata di Leonardo, delle sue prime mosse verso il Moro, delle sue opere nella capitale meneghina, e nel suo peregrinare in Francia dopo l'arrivo dei francesi stessi in Italia e a Milano in particolare.
È un libro godibile, che non ha l'ambizione del saggio storico, ma che riesce comunque a raccontare la storia anche a chi non ha grande cultura specifica.
Io che sono uno dei più grandi medievisti che sono comparsi sulla terra addirittura da prima che arrivasse il medioevo, ho storto un po' la bocca non tanto per l'approccio narrativo e divulgativo - quello ci sta - ma soprattutto per il linguaggio 'moderno' che a volte odora di sbracatura lessicale e a volte stucca. Ma tant'è, ormai non ho più l'età, come diceva la Cinquetti, e quindi butto tutto alle spalle.
Il libro è da leggere soprattutto se uno non sa nulla del genio e poco di Milano.
Molto divertente.

Reykjavìk Café

di Sòlveig Jònsdòttir - Sonsogno

Il bello (e il rischio) dei libri degli autori nordici - oltre al fascino embedded che hanno proprio perché vengono dal grande nord - è che non capisci subito se l'autore è maschio o femmina. I loro nomi sono incomprensibili se non conosci le lingue.
E quindi, quando ho acquistato questo libro sul Kindle, ero più che altro attratto dall'autore islandese, dalla curiosità di cascare in quel lontano mondo, dalla voglia di 'isolarmi' anch'io, di scappare nel mezzo dell'oceano.
E poi il libro ha aperto le sue pagine, mi ha trascinato in una carrellata di donne (l'ho capito che erano donne perché tutto era l femminile) alle prese con uomini più o meno bastardi, più o meno insensibili, più o meno fedifraghi.
I personaggi protagonisti, in questo libro per nulla gelido, si rincorrono nella loro solitudini, si incontrano inconsapevolmente, si strisciano dolcemente, costruendo uno spaccato di vita islandese formidabile.
Il libro inspiegabilmente brillante, avvincente, e ti consente di prendere fiato.
Ma ha una forza, che molti libri di donne non hanno.
Racconta il rapporto tra donne e uomini senza scadere nella lamentela ormai tanto comune alla società di oggi, al luogo comune di uomini stupidi, vanitosi e insulsi.
Racconta la fine di una società, in cui - dal punto di vista femminile - il rapporto a due è sempre più complesso e ingestibile, fino alla fine.
Ho visto le foto dell'autrice sulla rete. È biondissima.

venerdì 26 giugno 2015

Momenti di trascurabile infelicità

di Francesco Piccolo - Einaudi

Quando leggi un libro che ti rimane sullo stomaco come il precedente di questo, come se fosse una delle leggi di Murphy, infili in modo inconsapevole e e masochistico, una serie di letture che ti lasciano sempre di più l'amaro in bocca.
E questo libro conferma la legge. Libro insulso, un po' inutile, un po' infingardo, il seguito naturale del primo della serie che ci raccontava il lato nobile della medaglia: la felicità (che non ho letto e me ne guardo bene dal leggerlo).
Intendiamoci, io libri di questo genere non ne compro, e in genere giro alla larga da loro come se avessero conseguenze letali per la mia salute fisica e mentale. Ma è arrivato in casa, per vie traverse, sotto forma di regalo aziendale a mia moglie.
Bene, la curiosità è stata troppa, e mi sono lasciato convincere viste anche le esigue dimensioni dell'edizione.
Ho pensato. "Non è un libro che avrei mai acquistato, neanche in versione ebook, ma visto che è così piccolo di dimensione e con un numero di pagine limitato, non potrà farmi troppo male, giusto?"
"Giusto!", mi sono risposto e ho avuto torto.
Noioso come pochi, il libro si compone di piccole annotazioni su cosa veramente rende infelice una persona, alternate invece con storie più o meno lunghe in cui si spacca il capello dell'infelicità, o presunta tale.
La controcopertina ci presenta questa fatica dell'autore italiano come ricca di sottile ironia e velata comicità. Niente di più falso, ogni riga è terribilmente insulsa, ricca di banalità ai confini della ripetitività e il lettore, almeno io, gira le pagine sempre più irritato domandandosi perché sta sprecando il proprio tempo invece di dedicarsi a letture più abili, più affascinanti, più intriganti e più sognanti.
Ma la colpa non è di Piccolo. Lui fa il suo mestiere e visto il successo delle vendite di questa coppia di pamphlet ha ragione io. Sono io il cretino che mi faccio sedurre da vie letterarie che so già non sono le mie.
Mi butto su Proust, Dostoevskij, Dante e su Il Capitale da oggi...e così la facciamo finita.

giovedì 18 giugno 2015

Una spola di filo blu

Anne Tyler - Guanda

Io adoro le storie di famiglie, che ci fanno calare tra quelle pareti domestiche che talvolta sono delle vere e proprie sbarre. Adoro le storie dove i rapporti familiari, dove gli amori tra madri e figli, dove i padri perdono tutto, dove le figlie e i figli si combattono per conquistare un po' di spazio al sole nell'affetto dei genitori.
Io adoro Anne Tyler, professionista del racconto intimo e del piccolo mondo domestico.
Ma questo libro è pizzoso, noioso, lungo come la fame e non porta da nessuna parte.
Intendiamoci, il libro è come sempre scritto meravigliosamente, ma le vicende di questa famiglia, intrecciate con la manutenzione edilizia, sono stantie e pericolosamente ammorbanti.
E poi dopo i due terzi del libro, e forse più, improvvisamente si fa una salto nel tempo coinvolgendo vicende e personaggi dei quali si può fare volentieri a meno.
Difenderò Anne Tyler fino alla tortura, ma non di certo questa opera loffia e un po' infingarda.
C'ho proprio poco da dire di più, e mi dispiace molto.
È un'occasione perduta per parlare dell'ennesima straordinaria fatica dell'autrice.


mercoledì 3 giugno 2015

Gli scaduti

di Lidia Ravera - Bompiani

L'altro giorno ho rivisto, in tv, un'intervista molto 'casalinga' di Lidia Ravera, che mostrava la sua casa a Roma, parlando di scelte d'arredamento, opzioni di lettura e di se stessa. Tra un'infinità di foto, da quando era più giovane a oggi. Sempre straordinaria.
In questa 'chiacchiera' informale - tra un ambiente e l'altro della casa, Lidia Ravera osservava che il proprio stile di scrittura e l'evoluzione narrativa delle sue opere - partendo dal lontanissimo in tutti i sensi 'Porci con le ali' - ha raggiunto una maturità e una ricercatezza molto alte.

Ecco, questo libro, per sintetizzare, ha due fronti da analizzare.
Il primo è proprio quello dello stile.
La complessità delle frasi, la ricerca assoluta delle parole, la voglia di stupire il lettore senza perdere per strada la storia e la sua comprensione narrativa, rende questo libro formidabile e appagante. Io mi sono perso nelle pagine, talvolta solo nel gioco della lettura delle parole stesse, dimenticandomi di seguire il filo della storia che si stava sviluppando. Credo che questo sia il primo libro in vita mia che l'ho letto due volte, in contemporanea. La prima per seguire questa drammatica storia. La seconda solo per assaporare come è scritto, per ascoltare il suo ritmo, per fare mia la musica che tracimava dalla righe.

Poi c'è la storia, tanto drammatica, tanto angosciosa, tanto maledettamente attuale, tanto 'personale'. Per la società raccontata nel libro, io sarei a circa due anni e mezzo dal ritiro, a seguito dell'artificiale esclusione dalla comunità produttiva.
Se dicessi che questa lettura non mi abbia sconvolto, racconterei una bugia.
È uno schiaffo un po' goliardico nella sua denuncia, ma sonoro e molto, molto doloroso.
Il tema della rottamazione che tanto ci appassiona oggi, nel libro diventa strategia politica e sociale, fino a delineare con grande cura l'anno in cui uno debba sparire, ritirarsi, per lasciare spazio ai giovani sempre più frementi e sempre più impreparati.
Il leader Maximo, fautore con la sua cricca della nuova società e della nuova ideologia, guarda caso indossa camicie bianche, è giovane e scattante, memorizza tutto alla velocità della luce nonostante non abbia una gran cultura, ha occupato tutto, e soprattutto, a differenza del popolo bue, si è garantito una sorte di immortalità che gli consenta di scavalcare impunemente i limiti di età imposti agli altri.
La storia è una denuncia politica, anagrafica, e culturale. Oltre a essere una bellissima fiaba d'amore di un uomo e di una donna che non sopportano di stare lontani tra loro.
E che uniti si oppongono alla status quo, gettando un seme per una rivolta che nel sottofondo del libro sembra prendere piede.
La Ravera qui si è superata.
La mia mente e i miei occhi ringraziano del bellissimo libro.

lunedì 25 maggio 2015

Allmen e le dalie

di Martin Suter - Sellerio

Non riesce proprio benissimo questa ultima avventura del nostro nobile decaduto e spiantato Von Allmen. Sta un po' poco in piedi. Si salvano solo le atmosfere decadenti e un po' bruciacchiate degli alberghi zurighesi e l'affettuosa amicizia dei collaboratori dell'investigatore del mondo dell'arte.
Le Dalie, di nome e di fatto, e i fiori ritratti tra cornici ormai sbeccate, sono un'espediente narrativo un po' ammuffito, poco seduttivo.
Manca nel libro un elemento centrale, un motivo serio per cui si pianificano e si realizzano azioni criminali.
È vero che siamo comunque tra facoltosi rappresentanti del genere umano, ma anche i ricchi, oltre a piangere, devono avere dei buoni moventi per buttarsi nella massa bue del furto e della ricettazione.
Qui non c'è, è un po' tutto annacquato, tutto un po' casuale, tutto il frutto di un'iodea originaria che non è mai narrativamente decollata.
Rimane, come ho detto, l'aria che si respira, un po' decadente ma sempre ricca di voglia di riscatto, di interessi, di cultura e di conoscenza.
Il libro si fa leggere, si fa finire e si dimenticare in libreria.

giovedì 7 maggio 2015

Fantasmi del passato

di Marco Vichi - Guanda

Straordinario viaggio tra passato e presente che Marco Vichi ci regala con eleganza e formidabile fluidità. Io invidio (e ammiro) Vichi, ha la scrittura perfetta.
Il Bordelli, ormai ritornato stabile nelle file della polizia di stato dopo quel che è successo e che ha fatto nelle fatiche precedenti - io non dico nulla, chi li ha letti lo sa, chi non li ha letti si arrangia... - si ritrova un caso per le mani fatto di un pacato mistero, di incroci e parentele come ingredienti di un frullato dai mille gusti, di donne bellissime e anche di più, di profumi intensi e puzzo di marcio lontano un miglio. Sullo sfondo - bellissimo! - di una Firenze indaffarata negli acquisti di Natale e di studenti che incominciano ad agitarsi in vista dell'imminente '68.
Ma come in tutti i racconti dell'autore toscano, il caso da risolvere è solo un pretesto per accompagnarci verso altri viaggi, personaggi, considerazioni e affetti.
Bordelli in questo libro ha pensato bene di circondarsi di un personaggio curioso - il colonnello -, che fa da ponte verso il suo passato ma anche che stimola - se ce ne fosse bisogno - il commissario stesso verso un passato fatto di nostalgia e di voglia di riscatto.
E poi c'è l'amore, perduto, da ritrovare, forse ritrovato e nello stesso tempo sempre più distante.
Il tutto, ma proprio tutto, dalle malinconiche poesie della madre di Bordelli/Vichi, per caso ritrovate in mezzo a qualche fotografia.
Questo libro è una miscela esplosiva di sensazioni e di richiami, avvince ma soprattutto ti culla in un mondo passato, ricco di fantasmi e di ossessionante realtà.
In questo secondo weekend di maggio sono a Firenze per farla vedere ai miei bambini (strana coincidenza...). Mi guarderò intorno per vedere se Bordelli sarà in giro, se la sua Eleonora (visto che è bellissima e affascinante) si paleserà nel centro storico oppure - forse con qualche probabilità in più - se incontrerò l'autore stesso. Non per farsi un sefie (grrr...) o per avere una dedica, ma solo per uno scambio di occhiate di intesa 'letteraria'.
Leggete Vichi, poi starete meglio.


giovedì 30 aprile 2015

Alla fine del sonno

Willem Fredrik Hermans - Adelphi

Gli anni passano, le illusioni tendono a scomparire, gli affetti si attenuano, e si cerca di attenuare le emozioni per evitare altre disillusioni. Ma il fascino, e le emozioni, che il grande Nord trasmette rimangono intatti.
Nonostante questo, il libro (opera degli anni '70) di questo autore olandese (ormai scomparso) risulta ostico, un po' incomprensibile, talvolta trascinato e sicuramente spesso irritante.
Un viaggio nella Norvegia, da parte di uno studente per la sua specializzazione in geologia, si tramuta in un viaggio dentro se stesso, di riscatto verso il padre 'genio' della materia, di rivalsa con i suoi compagni di viaggio.
Un viaggio inutile dal punto di vista scientifico, in cui il ragazzo non risolve nulla.
Un viaggio che stabilisce però priorità, pensieri, sensazione e convinzioni.
Un viaggio anche condito da una tragedia, nelle pianure sconfinate, che aumenta l'angoscia e il senso di smarrimento nel lettore ben disposto.
Un viaggio affascinante per le descrizioni, per le sconfinate vallate, per la pace e il silenzio.
Un viaggio irritante, soprattutto causa le omnipresenti zanzare che mangiano vivo chiunque passi di lì.
Un viaggio che per fortuna è finito. Alla faccia del fascino per il grande Nord.

La casa rossa

di Mark Haddon - Einaudi

Gli scrittori britannici sono bravissimi nel tracciare storie intorno alle famiglie, sempre più allargate e ricche di incroci che, spesso e volentieri, portano a tensioni, incomprensioni, litigi e abbandoni.
Questa è la storia di una vacanza in cui due famiglie si ritrovano dopo tanti anni.
Il libro io l'ho vissuto a due stati d'animo.
Il primo - che coincide con la prima parte, mi ha annoiato a morte. Non come mai il libro non decollava mai, si arrotolava su se stesso, si indicizzava verso la ripetizione obbligatoria. Si capiva che si stava preparando a qualcosa che sarebbe poi successo, ma questo stato di attesa alla fine perdeva di suspense e faceva largo invece a una voglia estrema di chiusura anticipata delle pagine e archiviazione nel luogo più lontano e oscuro della propria biblioteca.
Poi, non so perché e percome, il libro cambia, si inacidisce e lascia spazio alla resa dei conti dei protagonisti.
Una resa dei conti che si allarga a macchia d'olio per prendersi tutto lo spazio, lasciando il lettore sconcertato, triste e infinitamente insoddisfatto.
Un libro che non aiuta questo, e non è neanche un libro che spiazza.
Uno lo legge, ma non so dirvi poi alla fine come si sente.
Fate voi.

lunedì 27 aprile 2015

Quattro sberle benedette

di Andrea Vitali - Garzanti

Anche il clero, si sa, ha i suoi problemi. Francesco è arrivato anche per bastonare e per rimetterlo in riga. Speriamo... Ma non tutta l'erba è un fascio, soprattutto nei lontani anni Venti (e scusate il gioco di parole).
Vitali ci accoglie con perizia e delicatezza in una sordida e peccaminosa storia in cui il clero lacustre sembra essere coinvolto.
Una storia brutta, che fa parlare le male lingue del luogo, e che partorisce lievi e poetiche lettere anonime che hanno l'obiettivo di sbattere in prima pagina i colpevoli.
Ma poi le nubi cominciano a diradarsi all'orizzonte, i venti si placano, le fronti si distendono e il paese ritrova le sue certezze.
All'ombra di bambini in arrivo dal sesso incerto, viaggi in treno 'addirittura' fuori dalla provincia e terrori all'orizzonte di trasferimenti e avvicendamenti.
Il paese ci tranquillizza, la storia ci conduce, e le menti si calmano.
Vitali è un toccasana per la crisi. Andrebbe diffuso e reso obbligatorio (la lettura dei suoi libri...) in tutto il paese.
Chi si rifiuta, un punto di spread in più.

Un regalo che non ti aspetti

di Daniel Glattauer - Feltrinelli

Ora che ho fondato il movimento "Per il lieto fine", libri di questo tipo non fanno altro che convincermi che divulgare messaggio positivi e 'confortare' il lettore con buoni finali sia una missione che nel mondo d'oggi sia fondamentale.
Questo non libro non è un capolavoro. È una fatica letteraria che parla di regali a chi ne ha bisogno, di aiuti a chi aiuta gli altri, di affetti e di amore.
È un libro che ci racconta il rapporto tra padre e figlio, all'amore che esiste tra loro.
Non è niente di che, ripeto.
Ma ti fa star bene alla fine.
Astenersi lettori perdigiorno.

lunedì 9 febbraio 2015

I pilastri della terra

di Ken Follett - Mondadori

Nei miei viaggi peregrini tra le pagine imbrattate di inchiostro, mi obbligo a volte a lasciarmi cadere tra le braccia degli autori più famosi, quelli che scrivono best sellers, campioni di incassi. Mai avevo letto qualche cosa di Ken Follett e ora posso dire capisco il perché.
Tra i tanti libri dell'autori milionario, ho scelto questo solo perché mi conduceva nel mio periodo storico più amato, il medioevo.
Ma questa è una storia gastronomica, non un'avventura storica.
Enogastronomica perché è una perenne 'ricetta' per fare il brodo, e per allungarlo a dismisura in modo da perpetrarne l'esistenza. Il problema è che alla fine, a furia di allungare, il brodo diventa acqua, orribilmente imbevibile.
Ha un solo fascino questo libro. Qualche chicca, vera o presunta tale non importa, sulla vita del tempo, sulle abitudini. Ma molte cose sono tagliate via, molte scelte narrative sono discutibili.
E poi non finisce mai, ogni volta si ricomincia daccapo, ripetendo fatti, azioni, angherie...
Ne sono uscito, e fine.
Ho letto un libro di Follett e finalmente so chi è.
Ora posso dedicarmi a ben altro.
Mi butto su un Vitali, proprio per rivitalizzarmi.
 
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