martedì 28 giugno 2016

Dimmi che credi al destino

di Luca Bianchini - Mondadori

Io voglio teorizzare, meglio, fondare un partito della leggerezza. L'importante che sia una leggerezza elegante e non cialtrona. Con Bianchini segretario.
Un partito è una cosa seria, anche se è della Leggerezza. Perché la leggerezza, oggi, è uno degli strumenti che ci permette di andare avanti.
Ora, questo libro ha embedded la leggerezza, che non significa spensieratezza e una narrativa al di fuori della realtà. Forse l'unica cosa al di fuori della realtà - ma Bianchini come poteva prevedere? - è una libreria italiana a Londra ora che la Brexit si è concretizzata e tutto quello che non sarà british doc da oggi in poi avrà qualche difficoltà a esistere.
Ma la storia è affascinante, per una volta con una protagonista che ha 'una certa età', e non la solita giovane aitante e bella come il sole che si muove con sicurezza nel mondo.
La cosa che più rilassa il lettore è quell'ambiente morbido e rassicurante della via, con il barbiere, i clienti, la panchina con l'anziano signore che fa da consulente affettivo alla donna protagonista con qualche difficoltà di cuore di troppo.
È una bellissima storia di affetti e amicizie, che fa star ben mentre la si legge, che fa storcere il naso quando termina, ma che aiuta il lettore a scegliere il prossimo libro con la speranza di ricascare nelle stesse atmosfere.
Adoro questi libri, Bianchini for president e avanti così.

lunedì 20 giugno 2016

Mi chiamo Lucy Barton

di Elizabeth Stroud - Einaudi

Ci sono due cose da dire su questo libro. Due cose distinte. Anche se a un Pulitzer ci si deve accostare con umiltà e discrezione.
Prima cosa. L’attrice scrive benissimo. Ha la capacità di entrare e uscire dalla storia, saltare, cadere anche, riprendersi e rilanciarsi - narrativamente parlando - con una facilità e una scorrevolezza (così si diceva a scuola) non comuni. E il suo successo, anche dal punto di vista commerciale, lo dimostra.
In particolare i dialoghi si dimostrano perfettamente incastrati tra loro, si inseguono come in un balletto classico, con tempi e modi perfettamente sincronizzati. Un piacere.
La seconda cosa. Il libro è noioso. Sembra una contraddizione, ma anche una storia noiosa, che si parla addosso, può essere scritta in modo sublime. Proprio come in questo caso.
Forse bisogna aver vissuto, da donna, il rapporto con la propria madre, forse bisogna passare cionque giorni di autocoscienza in ospedale con lei, forse bisogna avere la capacità di traslare ogni parola nel personale vissuto, forse bisogna chissà che altro essere, ma è decisamente è stata una lettura che mi sono imposto di concludere in onore di una deontologia del lettore - tutta personale, intendiamoci! - che non si deve mai mollare la presa, perché magari, voltando pagina, si rivela chissà quale mondo che, gettando il libro alle ortiche, potresti perderti.

Non mi è piaciuto e punto. E non mi voglio sentire in colpa.

giovedì 16 giugno 2016

La pioggia fa sul serio

di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli  - Mondadori

Lunga e diritta correva la strada, ma qui è tutta strada di montagna, con un sacco di curve, tra l’altro sotto un’acqua porca.
Le meravigliose atmosfere dell’appenino tosco-emiliano, l’aria sottile, le tranquille vite del paesino di montagna, il buon vino che accompagna di buon diritto meravigliose libagioni, non sono detrattori sufficienti per evitare invidie, rivalità e sete di denaro a tutti i costi. E quindi sparizioni, omicidi, appostamenti, amori che cercano di decollare, affreschi forse di valore.

Ha tutti gli ingredienti del buon vecchio giallo di provincia, l’ultima fatica del due Guccini/Macchiavelli, e risponde alle aspettative.
A volte risulta un po’ contorto , i personaggi un po’ invadenti, e la storia un po’ poco oliata.
Ma non è, a quanto dicono i più, un gialletto da spiaggia per passare qualche ora senza pensare troppo, magari orrore!, sotto l'ombrellone. È una fatica letteraria che mette al centro la psicologia dei personaggi, lancia qualche messaggio di natura sociale e ambientalista, rilancia la bellezza della provincia e delle montagne e, quando ne ha voglia, ti fa sorridere, non prendendosi elegantemente troppo sul serio.

Mica tutti i libri lo fanno, eh? 
Leggere, mi raccomando.

mercoledì 15 giugno 2016

Quattro tazze di tempesta

di Federica Brunini - Feltrinelli

Uomini, tazze di the, sole, compleanni...ma soprattutto donne!
Le donne hanno questa capacità di scrivere di se stesse, in genere di scriverne bene, senza dimenticare però severità e una sorta di innata ‘cattiveria’.
Il libro è un viaggio interiore che la protagonista, in perenne lutto per la morte dell’amore della sua vita, intraprende grazie anche - ma non solo - alla visita delle sue amiche del cuore in occasione del suo compleanno.
Quattro donne, quattro amiche, quattro storie un tempo comuni, che in questo soggiorno si rivelano ormai lontane, diverse, contrapposte, fino al litigio. 
Come sempre, gli uomini sono in sottofondo, a volte grotteschi, a volte bastardi, a volte dolci chimere irraggiungibili, a volte - sempre più spesso ahimè - assolutamente e inequivocabilmente inutili.
Leggo in giro commenti sul libro che lo definiscono banale, malinconico.
Non è così, ha una sua profondità e aiuta, almeno noi maschietti ormai assoluti comprimari, a capire un po’ il complesso mondo femminile.

Io amo questi ambienti defilati e lontani che ci fanno vivere in pieno, senza distrazioni, situazioni e storie di persone, di amori, di vite reali.

sabato 11 giugno 2016

Gli sbafatori

di Camilla Baresani - Mondadori

Questo libro naviga, a volte in acque un po' torbide, a volte in acque placide. Anche troppo. Ma alla fine, forse causa il troppo cibo, si ha qualche giramento di testa e un senso di pesantezza.
Intendiamoci la Baresani, per quel che ho letto io, scrive in modo straordinario, anzi di più.
Si percepisce, dietro ogni riga, una formidabile facilità, una semplicità, una fluidità invidiabili.
Ma questa storia, fatta di ostriche, scopate altisonanti e di arrampicatori al limite della decenza, è pruriginosa, un po' ambigua (forse volutamente), e anche un po' seriale, sempre uguale a se stessa.
Gli sbafatoriNon che voglia fare il moralista a tutti i costi, ma di fronte a questo scenario un po' squallido e patetico e ridicolo, il messaggio non c'è, la presa di posizione dell'autore non c'è e si rimane lì con la faccia da scemi.
Non si capisce da che parte stia l'autrice, o meglio, la protagonista, che manifesta proprio all'ultima riga tutto il suo disgusto, ma lo fa solo a 'successo' ottenuto. E il disgusto, dei due principali attori della narrazione, è reciproco.

Questo mondo lo conosco, molto bene, ed è fatto di improvvisati arrivisti, ma anche di gente competente che si costruisce la propria credibilità attraverso professionalità, indipendenza e serietà. Non è tutto così!
Chi vuole imparare a scrivere, chi vuole avere qualche indicazione su come districarsi tra righe, carta, pagine vuote e storie impossibili, trova un alleato mirabile nella Baresani

giovedì 9 giugno 2016

Le mele di Kafka

di Andrea Vitali - Garzanti

Vitali è sempre fenomenale. Sia nella creazione di storie al limite del surreale, sia per i contesti e gli ambienti, sia per i personaggi, sia per i loro nomi propri, vere chicche in ricordo di un mondo che non c'è più. Ma questa volta c'è un ma.
Le bocce, le mele, i funerali, il passato che ritorna, le gite, i pullman e l'ineffabile e onnipresente sciur curato che tutto guida e tutto maneggia, aiutato e imbeccato dall'impareggiabile perpetua. C'è tutto in questo in questa nuova storia lacustre, questa volta ambientata alla fine degli anni '50.
È l'ennesimo racconto che ci mostra l'Italietta di quegli anni, un po' bigotta e molto beghina, solidale e chiusa a riccio, ignorante ma buona e seria lavoratrice.
Ma questa volta, come dicevo, c'è un ma.
È come se Vitali si fosse trovato senza carta, o con la penna senza inchiostro. Oppure, per darci una ventata innovativa, come se al computer di lavoro, improvvisamente fosse mancata la luce, e lo scrittore non avesse più alcun modo di continuare.
Oppure, più banalmente, l'autore si è semplicemente stufato di tuta quella gente e l'ha piantata lì.
Il finale, ecco.
Mozzato lì, lasciato alla libera interpretazione, o meglio alla libera immaginazione.
Sicuramente una scelta, ma io alla fine ho girato l'ultima pagina convinto che ce ne sarebbero state altre, e invece sono rimasto lì come un baluba.
Secondo me manca qualcosa...

mercoledì 8 giugno 2016

Montecristo

di Martin Suter - Sellerio

Suter torna tra noi non con il suo fido Von Allmen e il torbido mondo dell'arte che lo circonda, ma con una storia più adatta alla realtà svizzera, uno scandalo finanziario.
È una storia nera, fatta di morti (omicidi?), falsi denari e cricche massoniche al potere sopra tutti e sopra tutto.
È una storia senza speranza, che non solo lascia l'amaro in fondo, ma che ci sbatte in faccia la durissima realtà di un mondo parallelo che governa a favore di se stesso e del 'sistema'.
Non so quanto di fantapolitico ci sia in queste pagine, vorrei tanto, almeno per dormire un po' più sereno la notte, ma non ci credo molto.
Un videoreporter giornalistico freelance trova, ahimè per lui, due banconote da 100 franchi con il numero di serie identico. E nessuna delle due è falsa.
Da questo piccolo fatto di cronaca pseudo-finanziario, si scatena una vera e propria corsa per eliminarlo, per comprarlo, per tacerlo, visto che la causa di questa 'omonimia numerica' non è un errore ma un gesto consapevole e pensato.
E poi la banca centrale svizzera, la zecca elvetica, un club molto speciale, l'amore di una donna, la morte di un amico, fino al finale, appunto amarissimo, inaspettato, e soprattutto senza alcuna speranza.
Il tutto condito da un progetto per un film su Montecristo, sogno del protagonista, che diventa merce di scambio.
Suter anche questa volta si supera, sia nella narrazione, sia nella precisione della storia, sia nella psicologia e nella fattezza dei personaggi.
Alzarsi, andare in libreria e comprare, subito!
 
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