domenica 30 agosto 2009

Come si scrive un giallo

di Gilbert K. Chesterton - Sellerio

E come si scrive un giallo? Boh. Per tutti noi aspiranti scrittori, sognatori di successi letterari globali, che ci vediamo ogni giorno in affollatissimi reading di fronte a centinaia di lettori affascinati, un libro del genere potrebbe essere la scorciatoia verso il successo di pubblico e di critica. E, come è naturale, invece non è così.
L'autore - 'l'inventore' di Padre Brown - ci suggerisce in particolare cosa non fare se vogliamo scrivere gialli di successo. E ci indica alcune dritte.
Ma il libro è fondamentalmente un divertissement ironico e leggero per farci capire il reale valore delle fatiche 'gialle', ancora al tempo (l'autore è morto nel 1936) ritenute di seconda scelta e popolate da presunti autori di ripiego.
Il libro è bellissimo, piccolo, una vera chicca per la mente.
Sellerio ci abitua sempre meglio.

venerdì 28 agosto 2009

Viale Bianca Maria

di Rodolfo Celletti - Rizzoli

Questo libro l'ho trovato per caso nella biblioteca in montagna, era di mia madre. Non l'avevo mai notato, nascosto tra una montagna di gialli che mia madre adorava. Libro strano, datato ma contemporaneamente ultramoderno.
Un gruppo di amici, anni '60, che si rivede e reincontra tra Milano, Roma e amene località di villeggiatura. Gruppo di amici fatto di uomini di spettacolo, professioonisti, cantanti, artisti. Uomini semi-realizzati, donne annoiate, soldi per tutti e un'infinita tristezza che accomuna tutti, anzi che li lega.
Una storia sull'Italia del boom economico, della buona società ormai in crisi, sulla solitudine dell'uomo.
Il libro è di inizio anni '60, quindi anticipa una serie di tematiche e di riflessioni sulla società, sul sopravvento dell'economia sulla vita di tutti, e sulla impossibilità di fermare il tempo.
E' ostico, caustico, dolorosamente ironico.
Da leggere con attenzione, molta.

mercoledì 19 agosto 2009

Il matematico impertinente

di Giorgio Odifreddi - Tea

Lo leggo da buon ultimo. Il titolo è del 2005, ormai anni luce fa, almeno per certe pagine che cozzano violentemente contro un'attualità ben peggio di quella descritta. Per il resto il libro affonda la lama senza esitazione, soprattutto in temi come la politica e la religione e la logica, sicuramente più immediati al lettore con cognizioni scientifiche non sufficienti.
Leggo in giro per la rete commenti scostanti e irritati al libro. Addirittura alcuni definiscono Odifreddi un 'fondamentalista della logica'. Per prima cosa credo che per l'autore sia un complimento. Come seconda, mi sembra, come sempre, che appena qualcuno 'faccia saltare' gli schemi comodi in cui ci culliamo da duemila anni il lettore, anche illuminato e non solo quello bigotto (bigotto anche dal punto di vista sociale non solo religioso), si arrocca, si infastidisce, non accetta.
Come fa la Chiesa oggi, che annusa sempre di più la sua fine e quindi si chiude sempre di più tra le mura del suo stato, lanciando anatemi, scomuniche, minacce.
Il libro ha alti e bassi, a volte è più convincente altre lascia un po' a desiderare.
Ma colpisce la determinazione, la convinzione, la forza delle idee, ma soprattutto dei dati, presentati da Odifreddi.
Le chicche vere proprie sono le interviste, vere o immaginarie che siano.
E sopra tutte quella a Saramago: la parte finale è da Nobel (ma va?).

lunedì 17 agosto 2009

Il silenzio dei chiostri

di Alicia Gimenez-Bartlett - Sellerio

Intendiamoci, sempre divertenti e appassionanti i libri della Gimenez. Sempre ironici, dissacranti per certi versi, rassicuranti per altri. Insomma una buona lettura, estiva e non, dei buoni gialli investigativi pieni di tensione al punto giusto. Ma qualcosa sta cambiando nei libri della scrittrice spagnola, e non in meglio.
Due gli aspetti 'preoccupanti' che emergono da questa ultima fatica.
Il primo che riguarda la vita familiare dell'ispettore, neo moglie di rinomato architetto. Che ha reso l'ispettore Delicado l'antitesi di tutti i detective/ispettori/commissari che popolano le stazioni di polizia - letterarie - di tutto il mondo. Tutti sono divorziati o in via di farlo; tutti sono stramaledetti, soli, sporchi e anche un po' cattivi; tutti sono tristi e abbandonati; spesso hanno figli con i quali non riescono avere rapporti normali; a volte non riescono ad averli. L'ispettrice catalana invece è sì burbera e francamente, a volte, da prendere a pesci in faccia, ma in fondo è una snob medio borghese che, con il matrimonio, ha acquisito anche uno status sociale ed economico da far invidia. Questo aspetto emerge in modo determinante nell'ultimo libro, con l'autrice che cerca a ogni pagina di riportarla sulla retta via della solitudine 'maledetta'; la protagonista rintuzza ogni volta l'attacco e si rifugia, borbottando solo di maniera, tra le braccia rassicuranti del bell'architetto, dei suoi figli, della sua bella casa, e delle sue belle cene di alto bordo.
Insomma Petra è sempre cafona e aggressiva, ma ha perso la sua carica trasgressiva, diventando una buona moglie, un po' viziata, ma in fondo omologata.
Il che ci porta al secondo aspetto.
Il libro è anche più divertente degli altri, ricco di frasi ironiche, battute al veleno, comicità esilaranti. Ma ormai il tutto è incastrato in un quadretto medio borghese, con i suoi rituali, e il giallo si avvicina più al rosa che al nero. A vantaggio del grande pubblico variegato, avvicinandosi però sempre di più a Lyala.
In fondo gli anni passano per noi, per Alicia Gimenez-Bartlett e quindi anche per l'ispettore Delicado.

lunedì 10 agosto 2009

La lunga attesa dell'angelo

di Elania Mazzucco - Rizzoli

Ignoro totalmente lo scopo di questo libro. Raccontare? Sfinire? Irretire? Mostrare culturalmente i muscoli? Ammazzare definitivamente anche il più solerte dei lettori?
Un libro tremendo, questo.
Un libro che elimina fisicamente il lettore, anche quello che ha un'incurabile curiosità per la storia, per la storia dell'arte, per il rinascimento. E che è affascinato dalle ricostruzioni psedu-storiche, dalla storia romanzata, dalle biografie vere o presunte dei grandi.
La storia del Tintoretto come un continuo flash back dal letto di morte dello scrittore, che si guarda indietro e si rivede nella sua vita ormai alla conclusione. Un libro cupo, stirato in continuazione, in cui molto è sottointeso, e tanto altro è ripetuto fino alla noia.
Nobbuono
dicevano a 'Quelli della notte'.

L'uomo che andò in fumo

di Maj Sjowall/Per Wahloo - Sellerio

Tempo d'estate e quindi tempo di gialli. Ma quelli seri, raffinati, di pura seduzione.
La coppia svedese degli anni '60 è arrivata alla sesta prova della stampa dei loro dieci(?) lavori letterari. E questo è sublime, credetemi.
Un'indagine all'estero per il commissario Beck, in Ungheria, oltre
cortina, nella bocca del 'mostro' comunista. Un caso complicato che però rimane si centrale nella narrazione, ma che lascia lo spazio per la stragrande parte del libro, alla permanenza del detective di Stoccolma a Budapest, al contatto con la città, il suo mondo. E' bellissimo non respirare la solita tiritera che qui da noi l'ha fatta da padrone nello scontro politico nostrano. E' bellissimo accorgersi (ma guarda un po'!) che in fondo anche tra le braccia dell'orco comunista si viveva una vita normale, fatta di caldo, di famiglie in vacanza e, perché no?, anche di crimine e cattiveria.
Con una polizia molto più al servizio della popolazione di quanto immaginiamo noi.
E' ovvio è pura narrazione e invenzione, ma da noi, nell'occidente più occidente, ogni volta era un'occasione per attaccare, smitizzare, terrorizzare...
Il caso poi si risolve tutto in Svezia, alla faccia dei peggiori detrattori.
Continuano a essere bellissimi questi libri del grande nord. Una prova di più del 'fiuto' letterario di Camilleri che li ha segnalati all'editore.

domenica 2 agosto 2009

Un sabato con gli amici

di Andrea Camilleri - Mondadori

Si vedono i libri pubblicati da Sellerio e quelli pubblicati da Mondadori del maestro siciliano. Sono diversi, aldilà di Montalbano e Catarella. Diversi e, mi perdoni sempre il maestro, di serie B. Un po' truculenti, eccessivi. Una sorta di lato B del disco, quando c'erano i 45giri.
Questa è una storia allucinante, fatta di nevrosi, di infanzie perdute, di traumi permanenti. In un gruppo di amici, forse attratti gli uni dagli altri dalle rispettive turbe mentali. Già questo è un elemento narrativo che lascia perplessi.
Ma il tutto si consolida e manifesta in una serata, l'ennesima, in cui la follia di ogni protagonista raggiunge la sua massima espressione.
In questo libro tutto è troppo, e quindi si arriva alla fine con un senso di fastidio, ma anche di liberazione.
Io credo che questi siano i libri 'fast food' dello chef di alto bordo Camilleri.
 
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