Un libro divertente. Sì, divertente, brioso, con lo stile tipico di Doyle sempre a metà tra attenzione sociale e il racconto sarcastico e caustico.
Sì divertente..., poi all'improvviso cominci a provare disagio, la narrazione tra una miriadi di flashback, dalla tipica storia di un'infelicità coniugale sterza vorticosamente sballottandoti dentro senza tanti riguardi, all'inizio senza neanche sapere il motivo.

E quando compare, al pub, quell'uomo apparentemente venuto dal passato non riesci, fino alle ultimissime pagine, a dargli un ruolo, a capire se è proprio quello il suo nome, a riconoscere il suo passato.
La fine, racchiusa in pochissime essenziali pagine, è terribile, ti schiaffa in viso la dura realtà, la realtà inaccettabile e dolorosa, il male assoluto.
Roddy Doyle, da buon irlandese, figlio del suo paese cattolico e bigotto, si addentra con questo libro in uno dei tremendi mali della Chiesa di Roma, la pedofilia, lo stupro, le molestie sessuali ad opera dei cosiddetti 'educatori' riservate a piene mani ai poveri innocenti studenti impotenti.
Una storia sporca, questa, triste, vomitevole per la sua evoluzione narrativa. Una storia in cui giovani studenti si ritrovano a ricordare il male - almeno chi ci riesce -, per capire a un certo punto non c'è futuro dopo esperienze simili.
E la Chiesa, ancora oggi, mette la testa sotto la sabbia, protegge, o peggio, sta a guardare senza fare nulla.
Il viso del ragazzo sorridente in copertina strappa il cuore al genitore lettore, letteralmente...