Il Giappone è spesso, anzi sempre, molto lontano. È un paese pieno di pesce crudo e io non sopporto quelle cose viscide e bagnate, si fanno una marea di inchini e io soffro da sempre di un insopportabile mal di schiena, hanno una lingua e una scrittura incomprensibile e io faccio fatica a capire spesso anche l'italiano.
Ho difficoltà a 'leggerlo', a comprenderne le dinamiche, le abitudini, ma soprattutto le letterature.

E tutto è insopportabilmente e straordinariamente minimalista, affascinante e sognante.
Io mi sento sempre sospeso, fluttuante, tra le pagine di un autore del Sol levante.
E alla fine del libro, come questo, mi domando sempre:
- E allora?
La storia si svolge tra le mura di un negozio di cose usate, di arte abbandonata, di macchine inutili e di bellezze dagli occhi a mandorla.
Il signor Nakano ne è il proprietario, a volte burbero e assente, a volte affettuoso e ingombrante.
E i giovani - in particolare Hitomi che ci conduce in questo viaggio - che lavorano con lui, la sorella, le sue amanti, i clienti e i personaggi tutti ruotano intorno a lui, lo scrutano, lo cercano, lo spostano, lo dimenticano e lo interrogano.
È un libro 'leggero' per sua natura, per suo orientamento, per suo fine.
Bisogna stare ancorati a qualcosa quando lo si sfoglia. Un colpo di vento ci può portare via.
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