venerdì 30 ottobre 2009

Tropico del cancro

di Henry Miller - La Repubblica

Sempre accarezzato e mai letto, finalmente posso metterlo nello scaffale dei letti. Ed è come una forza dirompente, violenta, irriverente e nello stesso tempo dolce e solenne fosse entrata nella mia inutile vita lettore affamato.
Il libro ha ormai oltre 70anni, che sono tanti. Se pensate che viene scritto negli anni '30 del secolo scorso (da poco finita la prima guerra mondiale, in Italia c'era il fascismo e in Germania stava per arrivare Hitler...), oggi non viviamo solo in un'altra era, ma proprio su un altro pianeta.
Ma la valanga trasgressiva, e un po' cialtrona, del protagonista, che poi è l'autore, il suo stile di vita bohemien, la sua vita tra sesso, vomiti, cibo rubato e macchine da scrivere, trasmettono una forza e un'energia straordinari.
Senza parlare dello stile letterario. La mia è invidia pura.
La capacità di incollare il lettore alle pagine, la innata sicurezza di 'far vedere' tutto quanto, con dovizia di particolari, la violenza con cui tutto ti viene sbattuto in faccia, sono aspetti che in pochi libri ho riscontrato e trovato.
Sì, il libro è duro. E' anche difficile da digerire. Ma alla fine chiudi la quarta di copertina con un senso di vuoto, con un rimescolamento interno, con la voglia di sputare in faccia a tutti e a tutto. Bello come il sole.

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